Per non dimenticare

Era quasi Natale, anche a Sarajevo, violentata da pallottole vaganti, militi, bombe.

Nermin andava a scuola perché voleva imparare: avrebbe fatto l’ingegnere e guadagnato tanti soldi per portare via le sue sorelline ed i genitori dalla città. Un tempo era piena di moschee e chiese, musei e filarmoniche e intorno aveva monti e prati che in primavera si riempivano di fiori. Ora invece si vedevano solo i carri ed i camion blindati dei volontari e dei caschi blu, solo di rado qualche anima viva camminava per le strade a passi veloci, mosso più dal terrore che da una propria forza. Sarajevo era invasa dai cecchini il cui compito era quello di sparare verso bersagli mobili, senza fermarsi a pensare che erano uomini, e non burattini, quelli che cadevano sotto i loro colpi. Ma questo era il loro mestiere…

La maestra di Nermin era una donna buona e gentile che continuava a lavorare in quella scuola per insegnare ai suoi alunni che c’è qualcosa che la guerra non potrà annientare. Nermin credeva alle sue parole. Erano diventate parte di lui, la sua religione, e grazie a queste in alcuni momenti riusciva ad afferrare il motivo per cui la sua maestra non aveva abbandonato tutto scappando via. Con il rumore delle bombe, degli edifici che alle volte crollavano come grandi giganti, del cigolio dei carri armati, Nermin raccoglieva le informazioni per farne tesoro: imparava che oltre Sarajevo c’è il resto d’Europa, l’Asia. L’america e altri mondi, con altri uomini che hanno altre idee e che vivono in pace…e Nermin sapeva che prima o poi sarebbe andato in quei mondi per poi tornare a Sarajevo e costruire grandi palazzi, grandi moschee e conoscere finalmente la sua città insieme alle altre piccole speranze che frequentavano la scuola come lui, cercando un futuro.
Quel giorno la madre di Nermin era arrivata un po’ in ritardo, con in mano una busta: era andata al mercato all’aperto per comprare un pacco di pasta e qualche patata. Il tram delle 13,00 era già passato e non potevano aspettarne un altro. La donna cercava di non far trasparire la sua paura, il suo terrore; avrebbe voluto essere su quel tram così maledettamente puntuale, o meglio, già a casa con suo marito e le altre sue due bambine. E invece si trovavano lì, a 2 passi da una fermata vuota. Dovevano percorrere il viale dei cecchini a piedi, non avevano scelta.
Iniziarono a correre. Passo dopo passo la paura scemava, il terrore diminuiva. Finalmente arrivarono nei pressi dell’Holiday Inn, frequentato dai ricchi e potenti, quasi alla fine del viale. Nermin si era accorto che c’era un autoblindo dell’ONU e, indicandola alla madre, l’aveva incitata a correre più veloce, verso la sicurezza.
Ma un cecchino appostato poco più in là stava seguendo la traiettoria di Nermin impugnando il suo fucile telescopico. Questo Nermin non poteva saperlo…non ci aveva mai pensato. Lui sapeva che il tempo scorre e il futuro diventa presente, poco a poco.
Tra i rumori, tra gli schianti, tra i colpi, se n’è mescolato un altro che ha decretato passato il presente di Nermin.
Non ci sono state grida di dolore quando il suo corpo è caduto per terra; niente lacrime, niente silenzio. I pezzi da 120mm hanno continuato a sferzare l’aria, la carne, la speranza.
Anche la madre di Nermin è caduta sotto i loro colpi, ferita allo stomaco. Quando si è svegliata in ospedale ha cercato il suo bambino, ma non l’ha trovato.
A 100 metri dall’Holiday Inn Nermin si è fermato.
Per sempre.
Flavia

Era il 18 dicembre 1994
Da allora sono accadute molte cose, la storia ha girato parecchie pagine del suo libro e ci ha raccontato altre vicende di altri Nermin di diverse età, di diverse lingue, razze e credi. Quello che resta costante è il momento di vuoto e di silenzio che si crea nella nostra mente di fronte a storie come questa.
Non scriverò che la guerra è ingiusta. Non scriverò che la guerra è inevitabile.
I fatti di questo periodo, intendendo dal famosissimo 11 settembre fino ad oggi, mi hanno portato ad un atteggiamento diverso riguardo questo.
Ci sono persone che nascono e crescono con la radicata e inestirpabile idea che tutto questo sia giusto e ne fanno il loro modo di essere. Non ci si può aspettare da tali persone cambiamenti e negoziati a tavolino. Sarebbe davvero ingenuo da parte nostra.
Ci sono persone completamente estranee a tutto questo e che vengono coinvolte loro malgrado perché si trovano nella classica situazione di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Siamo così. Ognuno fatto a suo modo.
Non volevo essere seriosa e polemica perciò è meglio finirla qui per oggi!!!

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